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2 Febbraio a Montevergine: la juta dei femminielli

Alcuni Tmmurrianti a Montevergine

Alcuni Tammurrianti a Montevergine

Come ogni anno, il 2 febbraio, in occasione della festa della Candelora o meglio della Purificazione di Maria Vergine e presentazione al tempio di Gesù, il popolo gay sale gli oltre mille metri del monte Partenio per raggiungere il Santuario della Madonna di Montevergine, luogo di culto che, ogni anno, accoglie oltre un milione di pellegrini che vi arrivano per venerare la miracolosa immagine della Mamma Schiavona. Nel corso degli anni, questa salita a Montevergine, si è trasformata in una festa di colori e suoni, con sfilate, canti e battito di tammorre, guidate spesso da Marcello Colasurdo. L’esagerazione, in alcuni casi, ha spinto l’Abate Ordinario a preferire la chiusura del luogo di culto. Iniziamo col chiarire che secondo una leggenda, propagata in maggior misura proprio dalle associazioni che si rifanno all’Arcigay, nel 1200 (forse nel 1256), la Vergine sarebbe intervenuta a favore di una coppia di amanti omosessuali. Questi erano stati scoperti e, per lo scandalo provocato dalla loro relazione, fu deciso di legare i due ragazzi ad un albero della montagna, imprigionati con delle lastre di ghiaccio durante una bufera di neve, dovevano essere lasciati morire di stenti. A questo punto della storia interviene la Vergine Schiavona che, con dei raggi di sole, colpisce la lastra, sciogliendola e lasciando liberi i due innamorati. Da questa leggenda, ripetuta nel corso degli anni, è nata la juta dei femminielli. Gay, lesbiche e transessuali rendono omaggio alla Vergine con questa particolare forma di pellegrinaggio per poi mischiarsi con gli altri pellegrini che con le tammorre giungono in Santuario per il ciclo delle festività delle cosiddette Sette Madonne sorelle. Il ciclo contadino, infatti, inizia proprio il 2 febbraio e termina il 12 settembre, e la Madonna di Montevergine apre e chiude questo ciclo essendo l’immagine più antica e venerata. I due gruppi, riuniti ai piedi della Vergine, cantano e danzano per ore al suono delle tammorre. 

In realtà già da diversi secoli prima di Cristo salivano il monte i Coribanti, dei preti di Cibele, dea che simboleggiava la femminilità della natura e, nel suo tempio, si eviravano ritualmente e offrivano il loro sesso in dono, poi si vestivano da donne con sete colorate, si truccavano pesantemente gli occhi e attraversavano le città esibendo, in maniera sfrontata, la loro provocazione sessuale.

10653494_10205033854036605_2946842412890335958_nOggi il sacro si mischia in maniera inscindibile col profano, il pellegrinaggio ha sfaccettature diverse e opposte, per molti, nella sofferenza della loro condizione, è la manifestazione della volontà di sentirsi parte di una Chiesa che condanna la loro natura, per altri è semplicemente la festa della tammorra, quindi si raggiunge il Santuario per divertirsi e ballare in compagnia. Le considerazioni strettamente religiose le evitiamo, anche perchè, quando non si esagera nelle manifestazioni folkloristiche, l’Abate Ordinario ha sempre permesso questa forma di preghiera, potremmo fare considerazioni sulla verità e  realtà dell’intervento della Vergine a favore dei due amanti gay ma anche questo ritengo non spetti a noi, la Misericordia della Vergine è come quella del figlio, è insondabile. Resta di fatto che la juta dei femminielli è una delle poche tradizioni popolari che, nella modernità dei tempi, ancora sopravvive.