Categorized | Analisi e Notizie

Padre Gianpiero Tavolaro. Un sacerdote che, nell’umiltà, preferisce fondare un monastero

Dalla vita attiva a quella contemplativa. Padre Gianpiero Tavolaro, monaco benedettino nel monastero di Ruviano,  sulle orme di Cassiodoro.

di Antonio Boccellino

Abbiamo scambiato, dopo il convegno (Lectura Patrum Neapolitana), due chiacchiere con il relatore che, nonostante la giovane età, ha un curriculum di tutto rispetto ed è attualmente nel monastero Benedettino di Ruviano, in provincia di Caserta.

Padre Gianpiero la sua storia è molto simile a quella di Cassiodoro che, ad un certo punto della sua vita, lascia il mondo e fonda un monastero. Mi sbaglio?

Monastero Benedettino di Ruviano

Monastero Benedettino di Ruviano

La ringrazio per le affinità che ha individuato tra me e Cassiodoro: ne sono lusingato anche per la stima che nutro verso questo Padre. Nel conoscere questo autore, anche io ho trovato dei punti di contatto, specie nello sguardo con cui, come lui, ho imparato negli anni a guardare alla cosiddetta cultura “secolare” (quella che Cassiodoro direbbe “pagana”): credo, come Cassiodoro, che nulla di ciò che è autenticamente e genuinamente umano sia estraneo e opposto al cristianesimo, ma credo anche che solo la fede in Cristo riveli il senso pieno dell’uomo e della storia.

Perché, dopo che è stato ordinato presbitero,  ha scelto di dedicarsi alla vita monastica?

Perché credo profondamente che, accanto a coloro che cercano l’uomo nelle periferie in cui egli abita, nelle sue miserie, umane e morali, e che mostrano quanto amare significhi sporcarsi le mani per il “povero”, c’è bisogno di chi, come i monaci, è chiamato a cercare l’uomo, il vero volto dell’uomo, nel profondo di sé, lì dove, sperimentando il proprio peccato e la propria miseria, si impara a guardare con misericordia alla miseria dell’altro e ad amarlo.

Cosa manca oggi alla Chiesa?

La Chiesa ha bisogno di “apostoli”, che escano per le strade del mondo a portarvi il buon profumo di Cristo; nondimeno essa ha bisogno di uomini che nella vita fraterna, fatta di condivisione totale, materiale e spirituale, annuncino che il Regno, sia pure come seme e caparra, è già qui, sperimentabile nella dolcezza dell’amicizia in Cristo, possibile per chi è disposto a spogliarsi di ogni bene, perfino del proprio tempo e della propria autonoma volontà per obbedire, come ricorda il padre Benedetto.

Mi autorizza a scrivere questo suo pensiero?

Certo che può scrivere ciò che, in realtà, anche io so solo balbettare, perché indicibile è per me la grazia di cui Dio mi ha investito, chiamandomi ad essere suo.