La Madonna di Casaluce. Due cuori una capanna

Narrando della devozione alla Beatissima Vergine e Regina di Casaluce occorre necessariamente far riferimento alle dispute, ormai secolari, tra fedeli di Casaluce e quelli di Aversa. Molti si sarebbero aspettati, per questo articolo, un titolo diverso, e avrei dovuto scrivere di due capanne, visto che l’icona della Madonna di Casaluce sosta in due diverse ex Abbazie celestine. La mia vuol essere una provocazione positiva: i cuori sono due (ed è evidente siano quelli degli aversani e dei casalucesi) ma la capanna è unica, è Maria, ed è sotto il suo materno sguardo che si riconoscono “custoditi” entrambi i paesi. La storia della miracolosa effige della Vergine rappresenta un caso unico nella storia della Chiesa, una sola immagine riconosciuta Patrona di due paesi e che è condivisa da entrambi i paesi. L’icona proviene da Gerusalemme e fu portata in Napoli dal vicerè Ruggero Sanseverino, questi la donò al re Carlo per salvarla dalla distruzione, insieme all’icona, che si ritiene sia stata dipinta da San Luca Evangelista, portò con sè anche due Idrie, tenute in grande venerazione perchè ritenute quelle nelle quali Gesù Cristo trasformò l’acqua in vino alle nozze di Cana di Galilea. Il re Carlo I d’Angiò, prima di morire, lasciò l’icona e le Sacre Idrie al nipote Ludovico con l’esplicita richiesta che questi costruisse un luogo degno ad accogliere quelle venerate reliquie. Nello stesso periodo Papa Celestino V visitò Napoli, per scongiurare un peggioramento delle condizioni politiche del regno, e in quella occasione conobbe la venerazione che si diffondeva alla icona bizantina presa a Gerusalemme. Molto probabilmente fu lo stesso Papa Celestino a chiedere la costruzione di una Chiesa e che fosse affidata in custodia ai monaci dell’ordine che aveva fondato. Ludovico intanto era rientrato ad Aragona e, dopo essersi dedicato agli studi, entrò nell’ordine francescano divenendo vescovo di Tolosa e morendo in concetto di santità, fu quindi Raimondo del Balzo, barone di Casaluce, ad adempiere le promesse fatte al morente re Carlo. Il barone Del Balzo trasformò il castello in monastero e fece costruire una chiesa, dandone il possesso ai monaci celestini l’8 agosto del 1360. In quel modo l’Abbazia di Casaluce divenne il primo e più antico Santuario della diocesi di Aversa. L’icona, di piccolissime dimensioni, è dipinta su una tavoletta di tiglio di 30 cm di altezza e 22 cm di larghezza, raffigura la Vergine col bambino. La particolarità del dipinto è che la Vergine Maria indica il figlio a chi osserva e Gesù bambino indica la madre in atto di benedizione, quasi a voler dire che per mezzo di lei può essere chiesta qualsiasi grazia. 

Maria Ss. di Casaluce

Maria Ss. di Casaluce

Il territorio di Casaluce, che nel seicento era circondato da paludi, nella stagione estiva era inabitabile e così i monaci celestini chiedevano ospitalità a quelli di Aversa e, nel trasferirsi, portavano con sè la Madonna di Casaluce. Questo evento incrementò il culto alla Vergine anche nella vicina città di Aversa e cosi nel 1624 si ritenne necessario realizzare un trono in argento da utilizzare per il trasporto dell’icona da Casaluce ad Aversa e viceversa, sul trono furono rappresentanti l’Eterno Padre, i Santi Pietro e Paolo e l’evangelista Luca.  Nel 1772 il vescovo della diocesi di Aversa ottenne un rescritto, da Papa Clemente XIV, che dichiarava la Vergine di Casaluce patrona della città di Aversa e dell’intera diocesi, fu cosi che gli aversani iniziarono a chiedere che l’icona sostasse in città, in maniera stabile, per almeno due mesi. Con l’editto napoleonico di Gioacchino Murat, del 1807, gli ordini monastici vennero soppressi e le sedi abbaziali di Casaluce e Aversa divennero parrocchie, quella di Casaluce divenne parrocchia di Santa Maria ad Nives e quella di Aversa divenne parrocchia dei Ss. Filippo e Giacomo. I due parroci si accordarono stabilendo la permanenza dell’icona sei mesi ad Aversa e sei mesi a Casaluce, poco dopo, però, iniziarono discussioni sulla proprietà del baldacchino argenteo del 1624, cosi un decreto governativo del 1853, trattando sulla materia, stabilì di ripristinare a soli due mesi la permanenza in Aversa. Furono allora gli aversani a presentare una istanza e cosi nel 1857 un altro decreto governativo stabiliva la permanenza di otto mesi a Casaluce e di quattro ad Aversa con traslazioni annuali da tenersi il 15 giugno (per andare da Casaluce ad Aversa) e il 15 ottobre (viceversa per andare da Aversa a Casaluce). Purtroppo, il 3 luglio del 1983, nella Chiesa di San Giovanni Battista ad Aversa, fu rubata l’antica argentiera del 1624, l’attuale è stata realizzata dal popolo di Aversa nel 1984. La Madonna di Casaluce è festeggiata in Casaluce la prima domenica di maggio e il 18 ottobre, festività di San Luca evangelista ritenuto autore del dipinto. In Aversa è festeggiata la seconda domenica di settembre. Ovviamente non vanno dimenticate le annuali traslazioni che avvengono, il 15 giugno e il 15 ottobre, nei pressi del Monastero di San Lorenzo alla presenza delle autorità politiche dei due paesi e dell’intera popolazione. In queste due ricorrenze c’è un popolo devoto che saluta sua Madre celeste e un altro popolo che invece gioisce perchè l’accoglie nel proprio territorio e pensa al gaudio del poter gustare la sua presenza per alcuni mesi. Negli ultimi anni, grazie al parroco Don Michele Verolla, il Santuario di Casaluce sta vivendo una nuova rinascita storica, culturale e artistica. Il Santuario, che a piccoli passi sta riacquistando l’antica bellezza, oltre a custodire per otto mesi l’immagine della Vergine è l’unica sede nella quale sono conservate le due Sacre Idrie e in esse, ancora oggi, viene eseguito il rito di benedizione delle acque la seconda domenica dopo l’Epifania, secondo un rituale inedito e antico dei monaci celestini scritto interamente in latino, composto da un insieme di canti, litanie, salmi e formule. 

                                                             G.R.