Antonio di Padova – il Santo dei Miracoli

mosaici afragolaDella vita di Sant’Antonio di Padova non si hanno che notizie incerte, derivanti da agiografie successive. Sappiamo che nacque a Lisbona, nel 1195, da una delle famiglie più nobili della città, quella dei Bouillon o Bulhoes (discendenti del crociato Goffredo di Bouillon, condottiero che partecipò alla crociata del 1096 e che fu proposto quale primo Re di Gerusalemme. Goffredo preferì rifiutare l’incoronazione e decise di assumere il titolo di Advocatus Sancti Sepulchri difensore del Santo Sepolcro, alla sua morte fu incoronato primo Re cristiano di Gerusalemme suo fratello Baldovino). Fernando, questo il suo vero nome, era figlio di Martin Vincencio un cavaliere di Alfonso II, e di Maria Teresa Taveira, donna di nobile stirpe e molto religiosa che decise di consacrare la vita del figlio (nato secondo una tradizione barocca, nel giorno dell’Assunzione, 15 agosto), alla Vergine Maria.

La famiglia viveva nelle vicinanze della cattedrale di Lisbona e, quindi, Fernando potè frequentare la scuola della cattedrale, avendo come maestro uno zio Canonico. Il padre di Fernando impegnato a prestare servizio di cavaliere passava poco tempo con il figlio ma fu lui a condurlo ai tornei, alle battute di caccia, alle feste anche nei palazzi del Re, dove Fernando ebbe modo di frequentare l’aristocrazia del tempo.

Ancora adolescente Fernando, che nel 1210 aveva 14-15 anni, entrò tra i Canonici Regolari di Sant’Agostino del monastero di San Vincenzo de Fora a Lisbona. Amici e parenti andavano spesso a trovarlo e così, due anni dopo, chiese di essere trasferito presso il convento della Santa Croce a Coimbra, capitale del regno lusitano, dove vi rimase otto anni. In quel luogo il Santo sviluppò intuito ed intelligenza, volontà, memoria e amore verso il prossimo, studiò scienze e teologia con ottimi maestri, continuando però a vivere a stretto contatto anche con i peccatori. Tra il 1219 e il 1220 vestì l’abito sacerdotale degli Agostiniani. Sembrava dovesse percorrere la carriera del teologo e del filosofo quando, inaspettatamente, decise di lasciare l’ordine, Fernando non sopportava i maneggi politici tra gli Agostiniani e il Re Alfonso II e aspirava ad una vita religiosamente più severa. A Coimbra tra gli oltre 70 Canonici Regolari, ce n’erano anche alcuni corrotti, lo stesso Priore Joào César, pur essendo scomunicato, continuava a celebrare l’Eucaristia ed era pubblicamente accusato di adulterio, incesto, omosessualità e usura.

Mosaici3afragolaFernando vorrebbe offrire la propria vita al Signore ed attende fiducioso che la volontà di Dio gli sia chiara, passa poco tempo (dalla sua ordinazione) ed arrivano nel convento francescano di Coimbra, dedicato a Sant’Antonio Abate (fondato nel 1217, era chiamato d’Olivares perchè circondato da piante di olivi), i corpi di cinque frati francescani trucidati in Marocco (Berardo, Otone, Pietro, Accursio e Adiuto, in seguito Canonizzati e riconosciuti quali Protomartiri dell’ordine francescano). Quell’evento, quella morte trovata e cercata per amor di Dio, fece crescere giorno dopo giorno in Fernando la convinzione che lo Spirito Santo lo chiamasse a ripercorrere la strada di quei martiri. Nel frattempo, nello stesso convento di Coimbra, ebbe una visione, gli apparve un pallido Frate francescano che lo invitava ad indossare il saio, fu cosi che il giovane Fernando prese a cuore l’impegno cristiano della conversione degli infedeli e decise di passare in quel piccolo Ordine nato per opera di un uomo che tutti chiamavano Francesco d’Assisi. Ottenuto il permesso dal provinciale francescano di Spagna e dal Priore Agostiniano, nell’estate del 1220, vestì l’abito francescano con il nome di Antonio di Olivares (nome del convento dei frati della città di Coimbra). La vestizione era appena compiuta che uno dei confratelli Canonici accorse e, nel colmo dell’amarezza, sbottò: “và, và che diventerai Santo”! Antonio, umilmente rispose: “ebbene, quando udrai dire che sono diventato Santo, ne loderai il Signore!”.

Fernando che da quel giorno sarà per tutti Antonio, attende appena pochi mesi e, già nell’autunno di quello stesso anno, s’imbarca su un veliero diretto in Africa, parte missionario in Marocco, insieme a lui parte Frate Filippino Barcellona. Una malattia (febbre malarica) contratta appena giunto, lo costrinse ad imbarcarsi per far ritorno in patria, ma una tempesta lo spinse sulle coste della Sicilia (una tradizione riferisce che sia sbarcato a Milazzo (Me)), dove poté rimettersi ben presto in salute (alcune agiografie del Santo riportano che Antonio non raggiunse mai il Marocco e che la nave, già durante il viaggio di andata, fu portata alla deriva in Sicilia). 

mosaici6afragolaIl padre guardiano di quel convento, che apprezzava la saggezza e la preparazione del Santo (che parlava il portoghese, il latino, l’ebraico, l’arabo e il greco) decise di inviarlo al Capitolo Generale dell’Ordine che, presieduto da frate Francesco d’Assisi, doveva svolgersi a Santa Maria degli Angeli tra il trenta maggio e l’otto giugno del 1221. Per quell’occasione giunsero circa tremila frati (cifra considerevole se si pensa che l’Ordine era stato creato solo 12 anni prima), che non sapendo dove alloggiare alzarono capanne di fortuna fatte con le stuoie, da qui derivò la denominazione del “capitolo delle stuoie”. Durante il capitolo fu approvata la nuova regola e fu deciso che ogni frate doveva obbedienza a un Ministro Provinciale, Antonio durante il capitolo riconobbe il pallido Frate che gli era apparso a Coimbra, era Francesco d’Assisi. Antonio era sconosciuto a tutti e, così, al termine del Capitolo, quando i Ministri tornarono nelle proprie regioni di origine, nessuno lo portò con se, fu Frate Graziano, Ministro Provinciale di Romagna, a chiedere che lo seguisse, sapeva, infatti, che Antonio era sacerdote.

Frate Antonio fu inviato quindi dal Ministro Provinciale dell’Italia Settentrionale nel convento di Montepaolo, vicino Forlì, serviva, in quel luogo, un sacerdote che potesse dire messa per i sei frati residenti nell’eremo (composto di una piccola Chiesa, qualche cella e un orto). Antonio partecipava alla preghiera comune, alla povera vita conventuale, ed era felice, perché in quel luogo nessuno lo conosceva, non sapevano delle sue nobili origini e non lasciava intendere l’enorme cultura che aveva appresa dai suoi studi presso gli Agostiniani. Ogni giorno, appena trovava tempo, si raccoglieva in preghiera e meditazione in una caverna del vicino bosco, che uno dei suoi confratelli aveva trasformato in cella solitaria. Alla preghiera pare accompagnasse continue penitenze, che andavano dal digiuno, alle veglie, fino a flagellazioni, accortosi che gli altri confratelli svolgevano lavori umili, chiese ed ottenne dal Padre Guardiano di poter pulire le stoviglie e spazzare la casa.

mosaici8afragolaIl 24 settembre del 1222 scende con i confratelli in città (Forli), per assistere nella Chiesa di San Mercuriale (iniziata nel 1176 era dedicata al primo Vescovo di Forli e molto probabilmente aveva, a quei tempi, anche funzione di Cattedrale) all’ordinazione sacerdotale di domenicani e francescani, nessuno dei presenti si era preparato un discorso e tutti rifiutavano d’improvvisare, il Guardiano di Montepaolo, che conosceva bene la grande saggezza di Antonio, lo spinse, quasi costringendolo, a tenere il discorso. Nell’importante occasione Antonio dimostra le sue doti di predicatore, la grande spiritualità e la profonda cultura, doti che giunsero alle orecchie di frate Francesco che da allora lo ritenne il “Vescovo” dei Frati Minori. Francesco decide di assegnare ad Antonio il ruolo di predicatore, fu indirizzato in Romagna dove avrebbe dovuto predicare e contraddire gli adepti dell’eresia catara. Proprio in Romagna, a Rimini, il Santo schernito dagli eretici, compì uno dei suoi più famosi miracoli, non ricevendo l’ascolto degli eretici cominciò a parlare ai pesci che affiorarono numerosi ad ascoltare gli insegnamenti che impartiva sull’amore di Dio.

mosaici4afragolaTra il 1223 e il 1224 Antonio riceve l’incarico (da San Francesco) di istituire una scuola di Teologia (Studium Francescanum) a Bologna, secondo centro universitario della cristianità dopo Parigi. Inizia il suo insegnamento nel convento di Santa Maria della Pagliola ed ebbe tra i suoi allievi esponenti di spicco (secondo alcuni anche San Bonaventura e il Beato Duns Scoto), per tale motivo Antonio è ritenuto anche il primo teologo dell’Ordine francescano. San Francesco autorizzò l’insegnamento di Frate Antonio con questa bella lettera: “A frate Antonio, mio vescovo, frate Francesco, auguro salute! Ho piacere (approvo) che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché in tale occupazione, tu non estingua lo spirito della santa orazione e devozione, come è scritto nella Regola. Stai bene.” Va notata la preoccupazione che spinge San Francesco a guardare con diffidenza allo studio, probabilmente erano stati gli stessi frati a chiedere ad Antonio di insegnare teologia, il giovane ordine francescano insieme a quello domenicano era chiamato a ricoprire i vuoti lasciati dal clero diocesano nella conduzione pastorale e nella catechesi, ma i frati si trovavano in un grado di inferiorità, visto che in maggioranza erano privi di istruzione. L’iniziativa di aprire uno Studio a Bologna, seguiva l’esempio dei frati domenicani che, nel 1219, ancora vivente San Domenico, avevano aperto a Bologna uno studio. Tra il 1225 e il 1227 frate Antonio si reca in Francia meridionale (forse per volere del Sommo Pontefice Onorio III) per combattere l’eresia degli albigesi, diviene predicatore e maestro di teologia a Montpellier, assume l’incarico di custode di Limoges, dove fondò un monastero ed è attestata, da Fra Giovanni Rigaldi, una bilocazione. Nel 1226 fu eletto “Custode Provinciale” di AquitaniaSempre in Francia, ad Arles, dove era riunito il capitolo provinciale di Provenza, mentre teneva un sermone e predicava sui misteri della croce, apparve San Francesco appena stigmatizzato, che sospeso in aria, con le braccia aperte benediceva i suoi Frati (era forse il 28 marzo del 1225, venerdì Santo, oppure il 2 maggio 1225, ritrovamento della Croce (inventio crucis)). Insegnò a Tolosa dove, secondo molti, sarebbe avvenuto il miracolo della mula che si inginocchia e adora l’Ostia Consacrata, altro miracolo che il Santo compie per convincere gli eretici. A Brive fonda un monastero e si dedica alla penitenza e alla contemplazione nelle grotte del luogo, da quegli anni le grotte divennero meta di pellegrinaggi, tanto che oggi Brive con il suo Santuario è il centro della devozione antoniana francese.

Alla morte di San Francesco (il 3 Ottobre del 1226) frate Antonio, quale custode del Limosino, torna ad Assisi e partecipa al Capitolo per l’elezione del successore (30 maggio 1227, Pentecoste), qui fu nominato (dal nuovo Ministro Generale Giovanni Parenti) Ministro Provinciale dell’Italia settentrionale (carica che mantenne fino al 1230). Instancabile nel rispettare i suoi compiti, apriva nuove case e visitava periodicamente tutti i conventi che erano sottomessi alla sua giurisdizione, volendo conoscere personalmente tutti i Frati, le Clarisse e gli appartenenti al Terz’Ordine. 

mosaici11afragolaNel 1228, su richiesta del Ministro Generale, si reca a Roma e viene convocato dal Papa Gregorio IX che vuole conoscerlo personalmente ed udire predicare dinanzi a tutta la corte pontificia. Si era infatti diffusa la notizia che il Santo ricordava a memoria tutti i testi sacri e non aveva necessità di usare libri. Antonio predica e tutti restano meravigliati di tanta sapienza, fu proprio il Sommo Pontefice Gregorio IX, che lo aveva udito, a definirlo “Arca del testamento e Biblioteca della Scrittura Divina” e gli chiese di predicare per i pellegrini giunti a Roma in occasione della Pasqua. Successivamente Antonio si reca ad Assisi per partecipare alla canonizzazione di San Francesco e poi rientra a Padova. Il 30 maggio del 1230 durante il Capitolo Generale, che si teneva ad Assisi 5 giorni dopo la traslazione dei resti mortali di San Francesco nella nuova Basilica, si dimise dall’incarico di Provinciale e si dedicò assiduamente alla predicazione, fu nominato “Predicatore Generale” con facoltà di recarsi in qualunque luogo ritenesse opportuno, fu inviato a Roma, con altri sei confratelli, quale rappresentante dell’ordine presso Gregorio IX. Per mandato dello stesso Pontefice Antonio parlò alla moltitudine di pellegrini giunti nella città eterna, e pare che, come accadde agli apostoli il giorno di Pentecoste, ognuno dei presenti lo sentisse parlare la propria lingua.

A Padova trascorse l’ultimo periodo della sua vita, predicando per tutti i quaranta giorni della quaresima del 1231, anche se la sua salute era molto malandata. Passi della biografia scritta l’anno dopo la sua morte riportano: “Alle quotidiane predicazioni quaresimali, per la grande moltitudine degli uomini e delle donne che accorrevano sempre in maggior numero, non bastando più le chiese, egli si recò in luoghi spaziosi, in mezzo ai prati. Venivano dalle città, dai castelli, dalle ville che sono intorno a Padova, turbe senza numero di persone…, tutti con grande devozione… Persino il venerabile Vescovo di Padova col suo Clero seguì devotamente il Servo di Dio Antonio nella predicazione”.

A Padova tiene testa al tiranno Ezzelino III da Romano, signore di Verona, soprannominato “il feroce” perchè in un sol giorno aveva fatto torturare ed uccidere undicimila padovani che gli erano ostili, ed ottiene la modifica del Codice Statutario (17 marzo 1231: “A richiesta del Venerabile fratello Antonio, dell’Ordine dei frati Minori, fu stabilito e ordinato che nessuno sia detenuto in carcere, quando non sia reo di uno o più debiti di denaro, del passato o del presente o del futuro, purchè egli voglia cedere i suoi beni. E ciò vale sia per i debitori che per gli avallatori. Se però una rinuncia o cessione o un’alienazione sia fatta frodolentemente, sia da parte dei debitori, sia degli avallatori, essa non abbia alcun valore e non porti danno ai creditori. Quando poi la frode non possa venir dimostrata in modo evidente, della questione sia giudice il podestà. Questo statuto non possa subire modificazioni di sorta, ma resti immutato in perpetuo”).

mosaici9afragolaIntanto continua a scrivere aggiungendo, in poco tempo, ai Sermoni domenicali anche quelli dedicati ai Santi. Nei Sermoni traspaiono i temi preferiti del Santo cioè fede, morale, virtù, pietà, preghiera, umiltà, mortificazione e si scaglia contro l’usura, l’orgoglio, la lussuria e l’avarizia, in alcuni passi dei suoi Sermoni è riportata la convinzione dell’Assunzione della Vergine Maria al cielo in anima e corpo. Sempre a Padova avvenne il miracolo del piede riattaccato, un giovane chiamato Leonardo, in un momento di ira, aveva dato un calcio alla propria madre, parlatone con il Santo ne ricevette un forte rimprovero, il ragazzo pentito del suo gesto con un’ascia si tagliò il piede, la madre del giovane disperata si rivolse al Santo, quasi accusandolo del gesto che aveva compiuto il figlio, il Santo intervenne e riattaccò miracolosamente il piede al ragazzo.

Col passare del tempo aumenta la sofferenza che prova per l’asma e per il gonfiore causato dall’idropisia, nel maggio del 1231 (forse lunedì 19), Antonio lascia Padova e si stabilisce in campagna, nell’eremo di Camposampiero dell’amico conte Tirso, che provvide a fargli costruire una capanna su un alto albero di noce, lo seguono due frati: Fra Luca Belludi (poi Beato) e Fra Ruggero. Antonio continua, da quel luogo arboreo, a predicare e a confessare tornando di sera nella sua cella. Secondo una tradizione sarebbe stato proprio durante questo soggiorno che il conte Tirso, mentre si recava dal Santo per fargli visita, vide dall’uscio sprigionarsi un grande splendore, convinto che si trattasse di un incendio spalancò la porta e vide Sant’Antonio mentre stringeva tra le braccia il Bambin Gesù che gli era apparso, i due parlavano e la voce del Bambino era dolcissima. Scomparsa la visione Antonio si accorse della presenza del conte e lo prego di non farne parola con nessuno, promessa che il conte mantenne fino alla morte del Santo. Alcuni ritengono che il Bambin Gesù possa essere apparso al Santo anche mentre era in Francia, in particolare nei dintorni di Limoges.

mosaici13afragolaA mezzogiorno di venerdi 13 giugno 1231 Antonio si sente mancare e chiede, ai confratelli che lo assistono, di essere portato a Padova, dove intende morire. Caricato su un carro trainato da buoi, quando era alla periferia di Padova, le sue condizioni si aggravano ulteriormente ed i frati decidono di fermarsi nel vicino monastero di Santa Maria de Cella (Arcella, dove viveva una comunità di Clarisse). In quel luogo, intorno alle cinque del pomeriggio, Antonio muore all’età di 36 anni. L’ultimo istante della sua vita Antonio lo volle dedicare a Maria, continuava a pregare e a cantare. Dalla “Vita Assidua” può leggersi: “Trovandosi dunque colà il Santo, la mano del Signore si aggravò su lui, e crescendo il male con molta violenza, suscitava forte ansietà. Dopo breve riposo, fatta la confessione e ricevuta l’assoluzione, cominciò a cantare l’inno alla Vergine, “O Gloriosa Signora”. Com’ebbe finito, levato d’improvviso gli occhi al cielo, con sguardo estasiato mirava a lungo davanti a sè. Chiestogli dal fratello che lo sorreggeva che cosa vedesse, rispose: Vedo il mio Signore“.

mosaici14afragolaSi racconta che, al momento della sua morte, nella città di Padova frotte di bambini, senza che sapessero nulla delle condizioni dell’amato loro protettore, presero a correre e a gridare che il Santo li aveva lasciati, era morto.
Nei giorni seguenti si scatenarono dispute tra il convento dove era morto, che voleva conservarne le sue spoglie, e quello di Santa Maria Mater Domini, suo convento d’origine dove sarebbe voluto morire. Disputa risolta dal Ministro Provinciale che ritenne dovesse riposare a Santa Maria Mater Domini. Non appena il corpo giunse a destinazione iniziarono i miracoli. In realtà di miracoli Antonio ne aveva operato anche in vita, quali esorcismi, profezie, guarigioni, rese innocui cibi avvelenati, predicò ai pesci, “costrinse” una mula ad inginocchiarsi davanti all’Ostia, fu visto in più luoghi contemporaneamente, da qualcuno anche con Gesù Bambino in braccio, fece ritrovare il cuore di un avaro in uno scrigno, ad una donna riattaccò i capelli che il marito geloso le aveva strappato, ed in un’occasione per dimostrare l’innocenza di una donna, accusata dal marito di adulterio, fece parlare il neonato ritenuto da quell’uomo “frutto del peccato” della moglie. I suoi miracoli in vita e dopo la morte hanno ispirato molti artisti fra cui Tiziano e Donatello. I suoi funerali si svolsero con solennità martedì 17 giugno 1231. L’Arca che conteneva il suo Santo Corpo fu collocata su colonne, al di sotto delle quali passavano i pellegrini che, in tal modo, simbolicamente si mettevano sotto la sua protezione.

La Causa di Canonizzazione

Prima ancora che fosse trascorso un mese dalla morte del Santo, le autorità religiose e civili inviarono a Roma una delegazione formata da personalità reli­giose e laiche, per presentare al Pontefice la petizione di tutta la città, del Vescovo, del clero, del podestà, dei nobili e del popolo, volta ad ottenere l’avvio di un regolare processo sulla santità e sui miracoli attribuiti ad Antonio. La delegazione fu accolta con segni di cordialità da Gre­gorio IX, il Papa che era stato amico di San Francesco e lo aveva canonizzato tre anni prima (16 luglio 1228) e che aveva conosciuto Antonio. Il vecchio pontefice non poteva che gioire nel sentire la fama di santità che circondava frate Antonio e nel vedere maturare frutti così mirabili in quell’orto francescano che aveva sempre protetto con premura paterna e affettuosa. Riunì subito il Collegio Cardinalizio per discutere l’istanza dell’ambasceria padovana e avviare il processo di canonizzazione.

La prima fase di questo «iter» canonico che è il più breve della storia della Chiesa, essendo durato meno di undici mesi (luglio 1231 – maggio 1232), fu la costituzione di un tribunale diocesano a Padova. Il Papa scelse il Vescovo della città Jacopo, il priore benedettino Giordano Forzaté e il priore dei domenicani Giovanni da Vicenza, dando loro l’incarico di ascoltare e prendere in esame le testimonianze sulle virtù di Antonio e di raccogliere e vagliare tutti gli episodi ritenuti miracolosi e attribuiti alla sua intercessione. Ultimato, nel febbraio del 1232, il lavoro del tribunale, condotto con diligenza e celerità dai tre commissari, il vescovo e il podestà inviarono dal Papa una nuova delegazione, formata da canonici, frati, magistrati e nobili. Ad avva­lorare gli atti del processo diocesano si aggiunsero le lettere dell’università degli studi e dell’accademia dei letterati e l’autorevole testimonianza di due Cardinali legati, Ottone Candido di Alerano e Giacomo De Pegorato di Pavia. Gregorio IX, passò subito alla seconda fase della causa, istituendo il processo apostolico e affidandone la presidenza al Cardinale di Santa Sabina, Giovanni d’Abbeville. Questi condusse a termine il processo in brevissimo tempo e con esito favorevole. Ma tanta celerità non piacque ad alcuni cardinali che sostenevano la causa dovesse essere giudicata senza fretta, con maggiore cautela e con più seri e approfonditi esami. A sbloccare la situazione giovò la bravura dei delegati padovani anche se le prime biografie dicono che lo stesso Sant’Antonio si adoperò, per vincere le resistenze del Collegio Cardinalizio, attraverso un sogno profetico in cui apparve al più influente dei cardinali oppositori, che divenne un così convinto fautore e sostenitore della causa da riuscire a dissipare anche i dubbi dei suoi colleghi. Creatasi l’unanimità nel Collegio Cardinalizio, il Papa, che dai primi di maggio del 1232 si trovava a Spoleto, stabilì che la canonizzazione di frate Antonio si sarebbe tenuta il 30 maggio, festa di Pentecoste, nella cattedrale spoletina, consacrata, circa trent’anni prima, nel 1198, da Innocenzo III.

Il solenne pontificale, con il rito della canonizzazione, si svolse secondo la prassi del tempo che prevedeva cinque momenti. Innanzitutto il pontefice pronunciò un’allocuzione per esaltare le virtù e i meriti di Antonio. Poi un cardinale o un chierico della corte papale declamò i 53 miracoli autenticati nei processi (miracoli descritti nella “Prima vita di Sant’Antonio” nota anche come “Assidua”, scritta secondo molti, nel 1232, dal discepolo Fra Luca Belludi). A questo punto, Gregorio IX si alzò in piedi e nel nome della SS. Trinità pronunciò la solenne formula con cui ascrisse Antonio nell’albo dei santi: «A lode e gloria dell’onnipotente Dio, Padre e Fi­glio e Spirito Santo, e ad onore della Chiesa romana, veneriamo sulla terra il bea­tissimo padre Antonio, che il Signore ha glorificato nei cieli, dopo avere accolto il parere favorevole dei nostri fratelli e degli altri prelati, decretando che il suo nome sia iscritto nel catalogo dei santi e che se ne celebri la festa il 13 giugno». Tra l’entusiasmo indescrivibile e la commozione il Papa intonò allora il «Te Deum», l’inno di ringraziamento. Finito il «Te Deum», lo stesso Ponte­fice, memore della scienza di frate Antonio, intonò l’antifona dei dottori della Chiesa: «O Dottore ottimo, luce della santa Chiesa, beato Antonio, amatore della legge divina: intercedi per noi presso il Figlio di Dio».

Come ultimo atto Gregorio IX celebrò la prima messa in onore del Santo. Pochi giorni dopo il Papa emanò due bolle sull’avvenuta canonizzazione: una indirizzata ai patavini e una alla chiesa universale. La leggenda vuole che durante lo svolgimento della cerimonia di ca­nonizzazione, a Lisbona, città natale del Santo, le campane delle chiese suonasse­ro a festa, senza che alcuno le muovesse. È sicuro invece che a Padova la notizia, della avvenuta canonizzazione, giunse in tempo utile perché si preparasse e celebrasse con la massima solennità il 13 giungo del 1232, la prima festa del nuovo santo, cui parteciparono anche i delegati padovani che avevano presenziato alla cerimonia di Spoleto. Nel 1232 iniziò la costruzione della Basilica e nel 1263 il suo Corpo fu trasportato dalla Chiesa di Santa Maria Mater Domini, nell’attuale Basilica a lui dedicata, in quell’occasione fu aperto il sarcofago alla presenza di San Bonaventura da Bagnoregio (Ministro Generale dell’Ordine). Gesto più caratteristico del pellegrinaggio a Padova è il toccare, con un gesto di fiducia e affidamento, la tomba con la mano.

Fu definito per l’incessante predicazione il martello degli eretici. Leone XIII coniò per lui la definizione «Il Santo di tutto il mondo». Nel 1929 la Chiesa di Padova fu elevata al titolo e alla dignità di Basilica Pontificia Maggiore (concessione che hanno solo 9 Chiese al mondo, Basiliche Pontificie Minori dedicate al Santo sono: a Roma (dal 21 luglio 1931), Milano (dal 9 giugno 1937), Bologna (dal 19 maggio 1939) e Afragola (dal 6 giugno del 2004). Nel 1931, in occasione del VII centenario della sua morte, fu avviata presso la Congregazione dei Riti, la ricerca e discussione sul dottorato di Sant’Antonio: “Se sia da confermarsi il culto di Dottore tributato per secoli a Sant’Antonio da Padova, e se sia da estendersi alla Chiesa Universale, con ufficio e messa del comune dei Dottori”, infatti, anche se Gregorio IX durante il rito della canonizzazione aveva intonato l’antifona dei Dottori della Chiesa, non vi era stato ufficialmente inserito. Il Santo Padre Pio XII concluse affermativamente la procedura storico-giuridica e lo proclamò, il 16 gennaio 1946, Dottore della chiesa universale con il Breve Apostolico Exsulta Lusitania Felix. San Giovanni Paolo II invece lo ha presentato come “figura carismatica univer­salmente venerata e invocata”.

Antonio è universalmente venerato dal popolo cristiano ed è ritenuto il Santo più noto e amato al mondo, forse per il gran numero di miracoli che gli si attribuiscono, per le leggende fiorite intorno alla sua persona, per il suo carisma, per il numero di Santuari, Parrocchie e Chiese a Lui dedicate, per il gran numero di fedeli che ancora oggi, a distanza di oltre 700 anni dalla morte, raggiungono Padova per venerarlo e poter pregare sulla sua tomba. Dai non cristiani, come i musulmani o indù, è considerato una sorta di fratello o amico che dispensa grazie, che protegge, che aiuta.

Sant’Antonio fu Mariologo e convinto assertore dell’Assunzione della Vergine, è invocato per ritrovare oggetti smarriti e per assicurarsi un ma­trimonio, è il Patrono degli Orfani, dei Poveri e degli Affamati. Suoi Emblemi sono il “Giglio” il “Pesce” e alcune volte anche il “grano” per alcuni miracoli. 

Curiosità: A Mafra (tra Lisbona e Coimbra) si trova la chiesa più grande a Lui dedicata, Re Giovanni V di Portogallo, angustiato per la mancanza di discendenti implorò l’intercessione del Santo, poco dopo il Re si ritrovo con cinque figli, per ringraziare, tra il 1713 e il 1730, fece costruire da 56.000 muratori, artigiani, scultori e pittori, una grande Chiesa in suo Onore. Questa grande costruzione comprende: il Convento, il Palazzo Reale, l’Ospedale, la Biblioteca con 36.000 libri e il Santuario che ha ben 6 Organi e 100 campane.

Curiosità2: L’abbreviazione sulle lettere, S.A.G, costituisce un invocazione al Santo (St. Anthony Guide), affinché la corrispondenza arrivi a destinazione. Tale sigla è conseguenza di una grazia avvenuta nel 1729 in Spagna, ad un mercante di Oviedo. Il mercante si era recato in Perù e la moglie preoccupata scriveva al marito che non le inviava risposta, la corrispondenza infatti, durante il viaggio, andava perduta. La donna con grande fede, convinta della protezione del Santo, scrisse un’altra lettera e la pose tra le mani di una statua del Santo. Dopo alcuni giorni tornata in Chiesa per pregare il Santo, tra le stesse mani, vi trovo la risposta del marito ed alcune monete d’oro. L’uomo nella lettera specificava di aver ricevuto la lettera dalle mani di un frate francescano. La lettera è tuttora visibile ad Oviedo e reca la data Lima 23 luglio 1729. Da allora si invoca il Santo come protettore della corrispondenza.

Miracoli e grazie “particolari”: Nel maggio del 1894 una signora che viaggiava in un treno, passate quattro ore dalla partenza, si accorse di aver perduto il biglietto, molto scossa, non potendo acquistarlo nuovamente, le sue condizioni economiche non glielo permettevano, decise di cercarlo, chiedendo ed ottenendo l’aiuto degli altri passeggeri. Dopo aver rovistato la carrozza, ormai esausta esclamò: “Sant’Antonio trovatelo voi!”. Uno dei viaggiatori, iniziò a deridere la donna, dicendo: “Sicuro! Signora, Sant’Antonio glielo rimanderà da uno dei finestrini!”. La signora mortificata per aver esposto il Santo alle risa dei viaggiatori, in cuor suo prega il Santo. Dopo poco il treno arriva ad una stazione, salgono i controllori, la signora cerca per l’ultima volta il biglietto ma i presenti deridendola le ricordano che lo ha perduto e che è inutile cercarlo, il controllore allora chiede per quale destinazione fosse il suo biglietto, la signora gliela dice, ed ecco, il controllore assicura la signora: “il suo biglietto è stato trovato nella stazione di partenza, che ci ha avvertiti con un telegramma”, e le pone dal finestrino un foglio che sostituiva il biglietto. La signora dopo aver ringraziato, rivolgendosi al viaggiatore che l’aveva derisa afferma: “Lei l’ha indovinata: Sant’Antonio mi ha rimandato il biglietto dalla finestra!

P.s.: Questa agiografia del nostro Santo, che avevamo pubblicato già alcuni anni fa, è stata riproposto dai migliori siti storici e turistici del Veneto ricevendo numerosi apprezzamenti per la completezza e la narrazione lineare, lo ripubblichiamo a Gloria e Onore di Sant’Antonio.

Ringraziamo per le foto il fedele Raffaele Errichiello che le ha scattate nella Basilica antoniana di Afragola, sono alcuni dei 14 mosaici, realizzati negli anni ’70 del secolo scorso dal Prof. Salvatore Raiano, che narrano la vita di Sant’Antonio. 

                                                          G.R.

One Response to “Antonio di Padova – il Santo dei Miracoli”

  1. Anna ha detto:

    grazie Santa Antonio come sempre sei vicino a chi t’invoca <3 grazie di cuore <3

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