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Sant’Antonio di Afragola e un fazzoletto “miracoloso”

Sant’Antonio ha annullato il tempo. La storia della giovane pittrice Agnese Amato

Per raccontare la storia di Agnese e di suo nonno Marco, dobbiamo tornare indietro nel tempo di circa sessanta anni. In quel triste periodo storico, si era da poco usciti dalla seconda guerra mondiale, Marco Amato viveva il periodo buio della sua vita, quello che molti chiamano “buio dell’anima“, sentiva dentro di sé una sofferenza alla quale non sapeva dare un nome, fu proprio in quei momenti di sconforto, quando tutto sembrava essere contro di lui e nulla più possibile, che utilizzando una penna e qualche colore, quasi come se la sua mano fosse guidata dall’alto, disegnò, su un fazzoletto di stoffa, Sant’Antonio di Afragola. Iniziò a venerare quell’immagine, quasi come se avesse realizzato una potente reliquia, e prima di lasciare questo mondo la donò alla donna che aveva sposato uno dei suoi nove figli, quello chiamato Antonio.

sant'antonio afragola su fazzolettoIl disegno può, ancora oggi, aiutare ad immedesimarci nelle diverse emozioni che provava quest’uomo. Marco Amato non sapeva né leggere né scrivere, ma, in questa immagine, possiamo vedere la forza del suo talento, oltre lo studio, che è fondamentale nella vita di ogni persona, c’è sempre un qualcosa d’innato e che anni d’impegno non riescono a sopperire. Quell’uomo, che non aveva mai retto una penna, con pochi colori riuscì a realizzare una piccola opera d’arte. Liberando la sua anima dalla bruttezza della depressione, e lasciando che qualcuno guidasse la sua mano, non si sentì ispirato a realizzare l’immagine di una natura, una ragazza o idealizzare un suo desiderio, ma da afragolese profondamente cristiano sentì il bisogno di disegnare il Santo. L’immagine del taumaturgo gli ottenne un profondo senso di appartenenza verso il protettore cittadino e in quel modo, cosi semplice, riuscì a sentirlo solo suo. Mi piace pensare che quest’immagine sia venuta bella proprio perché disegnata su un fazzoletto, chissà quante volte lo avrà utilizzato per asciugare il sudore dopo il faticoso lavoro nei campi e, in quel periodo di tristezza, quante lacrime aveva già lasciato su quel pezzo di stoffa. Voglio anche immaginare che le modifiche apportate al dipinto siano state sue ispirazioni, noterete, infatti, che Gesù Bambino ha le mani unite in atto di preghiera, in quel modo, voleva forse ricordare, alle persone che si sentono vinte dallo sconforto, che nella preghiera si può trovare ristoro e forza. Un altro particolare di questo dipinto è l’aver realizzato un giglio già sfiorito, in questa modifica leggo una vena di romantica poesia, il suo sembra un gesto profetico, un giglio ormai morente, quasi a voler rappresentare una purezza che, nel mondo d’oggi, non esiste più. Come accennavo inizialmente Marco Amato, prima di morire, lasciò il fazzoletto ad una delle sue nuore, nulla avviene per caso e spesso il destino guida i nostri passi.

dipinto di Agnese AmatoPassarono gli anni, sua nipote Agnese, quando aveva poco più che dodici anni, curiosando in un armadio, come tutte le ragazzine amano fare, trovò il fazzoletto e ne rimase come incantata. Non sapeva disegnare, non era mai stata brava, ma sentendosi ispirata e guidata da qualcuno decise di copiare quel disegno e fare come il nonno, cioè riprodurlo su un fazzoletto. Non era quello, però, il suo tempo. Gli anni sono passati veloci e la piccola Agnese, divenuta donna, moglie e mamma, pochi mesi fa, rivedendo questo fazzoletto e sentendo crescere dentro una voce che la chiamava a dipingere, ha iniziato a dedicarsi a questa passione. I risultati, come potrete vedere dalla immagine pubblicata, sono ottimi, e numerose sono le attestazioni di stima che sta ricevendo. Agnese, in un piacevole scambio di idee, mi ha raccontato le sue emozioni personali e ho voluto riassumerle in questo modo: questo fazzoletto per me rappresenta tanto, è l’origine della mia storia, attraverso questo fazzoletto sento il sangue di mio nonno scorrere nelle vene. Con il nonno siamo uniti da una passione e oggi sono onorata di potergli dare voce, una flebile voce, rimasta nel cassetto per molto tempo, forse troppo. Pensando a lui sento di dover sorridere perché mio nonno ora è con me, pur non avendolo conosciuto sono ogni giorno sempre più consapevole che lui è con me, perché Sant’Antonio ha annullato il tempo.

Questo articolo, il 21 marzo del 2015, è stato pubblicato sul bisettimanale Cogito e oggi lo condividiamo con l’immensa platea dei fedeli di Sant’Antonio di Afragola.